Omeopatia


CHE COS’E’ L’OMEOPATIA


L’omeopatia è una terapia nata dall’efficacia, prima dei pregiudizi e delle critiche, senza efficacia non avrebbe avuto nessun seguito e nessuna credenziale. Hannemann, medico tedesco, suo scopritore, se non avesse conseguito dei successi terapeutici, non avrebbe creato nessuna risposta, ma prima di conseguirli, con pieno spirito indagativo e speculativo, attraverso l’applicazione di un metodo scientifico, cioè il “doppio cieco” durante i proving ad esempio, ottenne dei risultati tangibili. Fu solo dopo i risultati che la dottrina e la filosofia dei “simili” prese campo, vero è che le scuole filosofiche mediche precedenti presagivano la stessa filosofia poiché attingevano all’animo umano i turbamenti che affliggevano il malato, riconducendo la cura d una condizione personalista e peculiare della malattia stessa, e per fare ciò altro non si poteva che convergere nella filosofia “del tutto”, cioè che riscoprisse l’individuo nelle sua unicità-totalità. La malattia quindi non coinvolge un organo o un apparato per colpa dell’usura e della contaminazione, ma un processo di alterata reattività agli stimoli esterni mediati dalla interpretazione del singolo e dalla sua esperienza.


Esistono centinaia di studi scientifici che comprovano l’efficacia nei proving di diluizioni omeopatiche, non è in questa sede che si debbano descrivere, vi sono illustri fisici, chimici, e biologi che hanno dimostrato l’efficacia, ma i loro lavori non vengono pubblicati sulle riviste ufficiali, poiché anche le pressioni editoriali giocano a favore di una politica contraria, e ufficializzare l’olismo significa destabilizzare il cittadino ed il consumo dei farmaco-dipendenti. La diluizione omeopatica è il punto nodale della diatriba. È come chiedere ad un sordo di descrivere la musica, loro parlano di chimica ma l’omeopatia viaggia nella fisica quantistica. Eppure in Diritto Brevettuale, esiste anche la possibilità di brevettare “una sostanza della quale non si conosce ancora la struttura chimica ma gli effetti siano noti…" per l’omeopatia, trattandosi di interazioni che modificano la molecola dell’acqua, il più importante veicolo e contenitore di informazioni oltre che la base della vita, non se ne conosce nei più intimi dettagli l’esatta dinamica.


Quindi il problema è di origine epistemologico, cioè la scienza mostra una lacuna che in assenza di risposte certe, per non finire nel fideismo, essendone diametralmente l’oppositrice, preferisce negare. Hannemann diluì il mercurio per curare la sifilide, nel tentativo di renderlo meno tossico, voleva trovare attraverso il metodo scientifico, un modo curativo abbassando la tossicità del farmaco stesso, come l’oncologo stesso sceglie di dosare la chemioterapia in relazione alle condizioni del paziente, ma poiché rischia di essere controllato è costretto ad applicare il protocollo che lo salva dalle ritorsioni legali ma uccide lui stesso il paziente con un veleno potentissimo. L’errore di Hannemann, se così si può dire, fu la scelta matematica del criterio di diluizione. Se anziché 1 : 100, cioè la CH o centesimale hannemaniana, avesse scelto un criterio del dimezzamento cioè 1:2, nessuno avrebbe obbiettato la presenza della sostanza nelle diluizioni. Osserverete quindi, come sia storicamente e facente parte di una cultura della equità, ogni riferimento metrico. Dal dimezzamento atomico, alla D.L. 50 , alla equazione, la nostra filosofia matematica, geometrica, chimica consta della metà dose, dove metà significa dividere all’infinito ma mai scomparire, è un concetto sottile ma che rinforza quelle certezze che ciclicamente l’uomo rinnova per non distaccarsi dalla realtà. Avrebbe superato il numero di Avogadro senza discussioni di sorta, tutti solidamente certi che se anche dimezzata qualche cosa dentro c’era. Certo le diluizioni sarebbero cambiate così come le succussioni, ma si sarebbe superato in sordina il problema dell’assenza di materia.


Alla fine della sua brillante carriera Hannemann, ebbro di certezze e successi, prova le LM, cioè le cinquantacentesimali, e osserverete, come in maniera differente ma con analogie, si ripropone il termine matematico del cinquanta, cioe la metà del cento. Chiunque si avvicini all’omeopatia e alla filosofia olistica, ne trae un profondo senso di appartenenza per il tentativo che essa propone di una cura il più possibile individualizzata. Ogni individuo, come un piccolo regnante decaduto, vorrebbe veder riconoscere i propri meriti, conquiste, condanne, cantici e amori. Oggi nell’era postmoderna, il ritorno all’olismo è una necessità socio-antropologica dopo che i totalitarismi del Xxmo secolo hanno ucciso il 4% della popolazione mondiale, dopo che l’illusione del comunismo “ci ha reso eguali solamente come consumatori”, come afferma Eco, e che l’omologazione di massa, la stereotipia e il “collettivismo vegetativo”, hanno reso l’uomo uniformemente insoddisfatto privandolo di ogni connotato di autenticità. La riscoperta della biodiversità e delle sottoculture, come entità indispensabili al rinnovamento, cercano in maniera analoga ed adeguata le rappresentazioni più prossime nel descrivere la unicità che accompagna ogni singolo individuo non più spazialmente solo e in cerca di un riscatto che denoti la propria peculiare ricchezza insita nella sua rarità.


Ognuno di noi è campione in qualche cosa, forse solo provinciale, ma se viviamo a portata d’uomo ci basta, ma vorremmo che qualcuno ci proclami come tali, dopo che i fenomeni di massa lo hanno oppresso e che i fenomeni mediatici lo hanno ulteriormente e unidirezionalmente costretto a essere spettatore incantato. La personalizzazione della dieta, dell’allenamento, della polizza infortunistica, della tariffa di consumo, viaggia sullo stesso binario che il percorso della terapia, essendo più intimamente legata all’individuo, aveva già delineato secoli prima. L’olismo entra in contatto con tutti gli uomini veri, che cercano verità. L’assolutismo della persona come valore intrinseco, denota ulteriormente come la riscoperta del sé, lontana dall’individualismo e dall’egocentrismo, diviene una condizione di rivalutazione dell’essere in quanto tale, con risvolti propositivi dell’etica e della filosofia. Così come ogni cellula pur facente parte di un organismo risente degli stimoli sui propri recettori, così ogni individuo pur facendo parte di una comunità necessità di uno stimolo adeguato che gli si adatti in maniera specifica solo attraverso la individuazione della natura dello stimolo simile. Se fenomeni connessi all’utilizzo di farmaci low-dose, non sono ancora del tutto chiari, secondo un metodo meccanicistico, non significa certo che siano o inefficaci o da non prescrivere.


D’altronde anche gran parte dei comuni farmaci sono assolutamente sconosciuti, il noto meccanismo d’azione è per l’80 % dei principi attivi sconosciuto, e qualora sia presunto il processo farmacologico, si scopre come sta avvenendo ora, che in base al criterio scelto per la spiegazione risultano assolutamente incongruenti. Tutto ciò secondo criteri scientifico epistemologici sfocia nella mistificazione, cioè attribuiamo effetti o successi per fenomeni che avvengono in tutt’altra maniera. L’ammissione socratica della non conoscenza ma dell’utilizzo in assenza di effetti collaterali dei rimedi, spinge comunque alla ricerca di una spiegazione certa, mentre l’utilizzo corrente di sostanze che abbiano effetti collaterali anche gravi oltre che a denotarne l’insuccesso, ne interroga oltre il perché della tossicità anche la efficacia mistificata da una spiegazione incongruente e paradossale.


Il mettersi al riparo semplicemente dal pensare comune non è la condizione con cui affrontare il dialogo aperto e misterioso degli effetti del mondo fuori e il nostro controverso io. L’altra parte dell’espressività geniale di hannemann si evidenzia nella definizione di diatesi. Le diatesi o predisposizione ad ammalarsi, è un osservazione antropologica che suddivide e descrive le tipologie umane in categorie sensibili corrispondenti all’espressione dei sintomi e della risposta alle terapie. Egli suddivise gli uomini in tre tipologie diatesiche: gli psorici, i sicotici, e i luetici. Nel formulare e denotare queste fasi, considerò che i tratti clinici salienti fossero il retaggio di contagi ripetuti nei tempi storici con eventi microbici che avessero lasciato una impronta morfofunzionale nei soggetti sensibili: gli psorici con la scabbia, i sicotici con lo scolo, e infine i luetici con la sifilide. Questa catalogazione permetteva di raccogliere dati per esprimere oltre che la cura anche la prognosi in base a questi rilievi di predisposizione.


Oggi, queste descrizioni sono ancora attuali, poiché ci permettono di riconoscere tali prerogative e le possibili integrazioni, sia a livello soggettivo che a carattere sociale. La psora corrisponde all’infanzia adolescenza, in cui le manifestazioni sono ancora allo stato elementare e superficiale, prevalgono le emotività pure, paura, ansia, inquietudine, emotività, forme superficiali e rapidi sintomi e rapide guarigioni, poi abbiamo la sicosi cioè la fase della maturità con la tendenza alla razionalizzazione delle energie, la realizzazione degli intenti e la tendenza alla prevalenza degli assolutismi, sul piano fisico assistiamo alla sclerosi delle strutture, all’ipertrofie di ciò che non è stato psoricamente superato, alla cronicizzazione derivante, e alla fissità delle idee e del pensiero che si somatizza negli organi, in senso positivo e in senso negativo, da un lato vi è valutazione sul piano individuale, dall’altro si ha perdita di flessibilità, minor capacità di adattamento. Infine vi è la lue, cioè la distruzione, il soggetto luetico ha una forte componente distruttiva, la fase di ulcerazione consegue e vanifica la lunga ricostruzione che avviene nella fase sicotica, la perdita di materia ccompagna i sintomi, l’energia vitale è scarsa o mal indirizzata, la mente è caotica come le reazioni cicatriziali, i tentativi di ricostruzione vanificati da una volontà alla esaurimento, alla distruzione e alla morte dolorosa e autopunitiva, vi è perdita di comunicazione e fase delirante, follia, è la vecchiaia.


Queste fasi sono fondamentali per indirizzare lo studio dei rimedi sensibili ma per i profani è il metodo più elementare per distinguere le risposte terapeutiche cioè al farmaco in base alla energia vitale del malato in tre tipi di risposte conseguenti:



PSORICI ------------reagiscono a gran parte dei farmaci, sia chimici che fisici, hanno effetti collaterali per la loro grande sensibilità per questo costretti a limitarne l’uso. Gli effetti collaterali sono maggiormente manifestati a livello cutaneo, che è il loro organo di contatto e di comunicazione, arrossamenti, eczemi, acne, alopecia, psoriasi, vitiligine ecc ecc... Sono quelli che hanno anche il maggior EFFETTO PLACEBO.



SICOTICI------------per la diminuizione dell’energia vitale, tendono a non risolvere il conflitto che causa malattia e quindi a cronicizzare, i tessuti si ipertrofizzano e si induriscono, verruche polipi tumori, sclerosi, indurimenti, fissazioni, convivono con la malattia, diviene una forma di accettazione sociale e di giustificazione, SONO I PIU’ GROSSI CONSUMATORI DI FARMACI CHIMICI, la scarsa energia vitale li porta a trarre dal farmaco quelle spinta necessaria alla reazione che non hanno più, hanno perso la spinta darwiniana nel conseguire la idoneità di specie, sono verso l’estinzione, non cercano altre soluzioni perché non vogliono guarire, il farmaco chimico con la sua parte di dolore, giustifica questa loro neghittosità al cambiamento, vivono per il farmaco e con il farmaco, accettano e tollerano cicli di chemioterapia, espiano questa natura nel “masochismo farmacologico”, la guarigione li spaventa come elemento di novità, mascerati nel loro male possono anche essere longevi, la morte avviene sempre lentamente, possono sopravvivere in lunghe degenze e spegnersi come candele, la loro dipendenza la farmaco ne diminuisce la tossicità che da assoluta diviene relativa, assenza di effetti collaterali.



LUETICI-------------i luetici sono quelli che hanno preso la strada sbagliata, usano l’energia vitale alta in maniera errata, sono degli psorici scompensati che virano verso la pazzia o atteggiamenti distruttivi, nei movimenti negli atteggiamenti, segni di squilibrio morfofunzionali, fuori dall realtà, sognanti o distruttivi, alcolisti, tossicodipendenti, malviventi, scarsa considerazione della realtà, apparente calma ma rischiano in ogni cosa che fanno, nelle dinamiche sociali, rapporti, lavoro, la componente di squilibrio è sempre presente, si ammalano di forme distruttive della materia organica, ulcerazione, malattie incurabili, fasi terminali del tumore, apparentemente sani fuori dentro sono distrutti e dilaniati da drammi irrisolti, passano da un problema a quello successivo senza risolverne alcuno, si chiama “costellazione schizofrenica”, promettono e non mantengono mai, sono nel caos mentale, privi di riferimenti e di risoluzione, esageratamente altruisti o patologicamente egoisti, infantili, artisti consunti dall’alcol, fisici disarmonici, si ammalano per morire precocemente di malattie incurabili come il loro dramma che rimane misterioso, come un gioco infantile con regole iperboliche, ASSENZA DI EFFETTI FARMACOLOGICI: EFFETTO NOCEBO, la loro convinzione impedisce a qualsiasi farmaco di agire, al massimo funzionano quelli inerenti al loro cammino come le droghe, effetto collaterale che li uccide: luetico. Vi sono forme miste in cui vi è la prevalenza di una diatesi, quello che ci interessa e che permette una spiegazione suggestiva che solo l’omeopatia detiene è proprio questa visione delle prerogative insite che rende colmo di interpretazione gli infiniti aspetti umani e della malattia.



David Satanassi, Medico Veterinario, diplomato in Omeopatia Classica, diplomato in Bioetica.



 

Informazioni


MEDICO VETERINARIO (BO '91) - Diplomato in Omeopatia Classica presso Società Medica di Bioterapie (RM) - Diploma Master Bioetica presso Università Pontificia Regina Apostulorum (RM) - Corsi in Medicina Biologica-Nuova Medicina presso Università Popolare (MI). - Copyright © 2011 -

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